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La palla sull'albero

Cavazza dice che è là dal '70. Il giorno dopo Italia-Germania andarono giù nel parchetto a far finta d'esser Rivera e Boninsegna. Il cross era teso, Pancaldi del secondo piano ci mise una gran testa e il ferroviere respinse a pugni chiusi. Ancora il Pancaldi caricò il destro e gli mise sotto una gran punta al volo. La guardarono tornare giù dalle nuvole e sparire nelle foglie. Il ferroviere azzardò l'arrampicata ma la moglie da bordo campo gli ricordò l'ernia e lui lasciò perdere. Se ne andarono al bar.
Al pomeriggio prendo il caffé e la guardo dalla mia cucina. Pioggia, neve, vento, sta sempre là, ferma nelle stagioni in mezzo ai rami. Oramai ha un che di naturale, se qualcuno la togliesse da lì quell'albero perderebbe la ragione, cadrebbe appassito di solitudine, senza il suo Wilson di Cast Away. Ma anche lei non rotolerebbe più, spaesata dal suolo, dai calci, lei che è una pallafoglia, una ramopalla, un'altra cosa che nessun bambino capirebbe.
E' tanti anni che è lassù che son nate le leggende. Il vecchio Dicamò dice che quando la palla cadrà, quel mese verrà una gran carestìa e che quindi bisogna sempre dargli una controllata. Masserini, la vedova sarta, giura che certe notti l'ha vista dentro altri alberi e che poi al mattino era tornata lì. E' sicura che gli alberi se la passino tra loro. Dicamò commenta che è una cosa possibile, gli altri sospettano che la vedova di notte sturi la collezione di grappe morbide del marito.
Sono nati dei modi di dire, hai sentito le previsioni? Boia, qui arrivan dei temporali che vien giù la palla. Oppure ai ragazzi che giocano, ma lascia perdere valà che te hai il piede del Pancaldi.
Il Pancaldi se n'è andato nel '99, nel sonno. Ora c'è il figlio, farmacista pure lui. La domenica quando c'è il sole legge sulla panchina di fianco all'albero, indica la palla e racconta al figliolo di quel tiro incredibile che fece il nonno tanti anni fa.

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