Osservando l'incessante cadere della pioggia sull'asfalto, sui cespugli, sugli alberi, nelle pozzanghere crivellate, sulla gazza fradicia che cerca il verme nel rivolo. Rimirando il grigio scuro delle munte nuvole tonanti, gli ombrelli piegati dal vento e il signore pelato che sfida gli elementi per comprarsi il Carlino. Tutte queste cose ed altre, osservate dai vetri della finestra, azionano in maniera automatica e poco spiegabile il lento sollevamento del braccio verso il volto ove la sommità del pollice trova naturale albergo in una delle soffici narici ed inizia quella curiosa esplorazione, quella solenne celebrazione del tatto. Noto dopo anni che la cosa si ripropone, una ritualità d'obbligo dinanzi a simili scenari, un'attività che aiuta il pensiero a spaziare dal moto della pozzanghera alla fondazione di antichi imperi. La mente naviga, e il pollice leviga con l'amico indice, e la pioggia scende, e tutto casca e si ripete.
Qualcuno lanci una raccolta firme per fermare la riproduzione di Totò, dei De Filippo e qualche volta di Troisi, sui cartoni delle pizze d'asporto. Ieri a protezione della mia margherita c'era un Totò con fazzoletto rosso al collo che infilava tranci di pizza nelle bocche aperte di Eduardo e Peppino.