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La spirale dell'olivaro

Ieri ho passato gran parte della mezza mattina in un ingorgo a croce uncinata nella zona di Napoli-nord, se così si può dire senza offendere nessuno. Tra i vari veicoli colpevoli dell'orrore ce n'era uno che, per i motivi che dirò, creava un ulteriore piccolo ingorgo nel mio cervello. Un vecchio fiorino, scoperto dietro, adibito alla vendita di olive, buttate lì nel cassone condite con i fumi di scarico. Fin qua nulla di male, un simpatico olivaro che blocca il traffico con una carcassa di fiorino sfumacchiante che avanza tipo a due all'ora irradiando canzoni napoletane con equalizzazione a citofono. Che gli fai? Gli apri la bocca e gli fai mangiare una sua stessa oliva? Lo guardi poi per ore contorcersi al suolo mentre il suo organismo tenta di non bruciare dall'interno sotto l'effetto di quel concentrato di veleni? No. Lasci perdere, certo.
Mentre però lasci perdere e frame by frame cominci a sorpassarlo, leggi quella scritta. L'olivaro infatti sulla fiancata del bidone, lato guida, comunica questa frase al suo pubblico e ai cieli: Signore, benedici chi mi maledice. E qui sono cominciati i pensieri.
Tanto per togliersi il dubbio l'ho maledetto subito un paio di volte, e così hanno fatto tutti i trilioni di automobilisti napoletani prima e dopo di me in quell'ingorgo. Poi ho riflettuto lungamente sulla perdente economia religiosa di quel messaggio, nel senso che: alla fine di ogni giornata, viste le condizioni del mezzo, il simpatico olivaro si porta sempre a casa un buon bottino di maledizioni, un introito giornaliero sicuro, con dei picchi record toccati in giornate come questa.
Se poi a quel bottino aggiungiamo le maledizioni che gli piovono addosso a causa delle olive tossiche che propina, raggiungiamo una soglia d'eccellenza. L'olivaro si assesta già così, senza la scritta, tra i più maledetti olivari in assoluto.
Ma lui non contento che fa? Scrive sul fianco della sua macchina signore benedici chi mi maledice. Un messaggio in piena scia di quello famoso dell'altra guancia da porgere. Un disastro, per tre motivi:
1) Quel piccolo residuo di pubblico che evitava di maledirlo per educazione o per decenza, prende coraggio dalla scritta-invito e prende a maledirlo con crescente scioltezza.
2) L'altro pubblico che già lo malediceva regolarmente, aggiunge nuove e più potenti maledizioni per ottenere in cambio più efficaci benedizioni gratuite.
E siamo a Napoli, la religione è legge, guagliù se quello ha scritto sulla macchina che dio deve benedire a noi che lo malediciamo, sicuramente dio lo fa contento.
L'olivaro affonda quindi nella spirale che ha creato. L'incasso di maledizioni raggiunge proporzioni cosmiche, in termini energetici negativi quest'uomo è una specie di ammasso di anti-materia pulsante che non scarica da nessuna parte. Ma lo scellerato accumulo di merda nasconde una speranza letta, quella di farsi bello agli occhi del suo barbuto dio che lo osserva compiaciuto dalla nuvoletta tenendogli in serbo la chiave del paradiso degli olivari. E qui sta il bello, nonché il terzo motivo del disastro:
3) Per lunghi anni l'olivaro avrà costretto il suo povero padre celeste a benedire senza sosta le milioni di persone immeritevoli su quella cazzo di infinita lista da Napoli-nord. Un dio affannato, distratto in questa inutile attività mentre il mondo andava a puttane e le altre religioni guadagnavano punti. Risultato? Sarà il suo dio stesso a riservargli le peggiori maledizioni quotidiane per avergli rotto il cazzo per decadi.
Il creatore benedirà tutti gli altri e maledirà ogni giorno l'olivaro, la sua progenie, le sue olive e la sua scritta, azzerandogli ogni speranza di ricavarne un vantaggio postumo. Un'inculata metafisica. Un dramma in due atti, terreno e ultraterreno.
Infine si pone il problema del povero dio che maledicendo l'olivaro dovrà poi auto-benedirsi a raffica per obbedire alla scritta sul fiorino. Da qui la spirale assume toni bibilici, manda in loop irreversibile il dio dei cristiani e fa implodere l'universo su sé stesso.

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