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Non toglieteci mai il clacson

Il clacson va protetto, è uno degli ultimi segni manifesti della nostra sana bestialità. Il testimone del nostro verso ancestrale. Con il clacson abbaiamo agli altri veicoli, ruggiamo a quelli più piccoli e squittiamo a quelli più grossi.
Le macchinette city-car pigolano e guaiscono, i furgoni muggiscono e i camion barriscono e ruttano insieme, come il primo t-rex di Spielberg.

Il clacson è il nostro corno di guerra, il nostro tamburino, il nostro gong e la nostra sirena, arpa e trombone, piffero e cannone. Il pensiero fatto suono, un gesto che risolve ermeneutiche e semiotiche interpretative. E' il nostro codice morse genetico, epidermico, un colpo, due colpi, una raffica, un continuato, una bottarella, una schiacciata abbestia.

Sei bona, sei stronzo, cornuto, ciao carissimo, ué caro amico da quanto tempo ma adesso non posso fermarmi, aò levati dalle palle, scendi che sto aspettando, sono qui, auguri, che cazzo fai, e basta con questi fazzolettini, è verde vai coglione, è giallo vai coglione, è rosso-fresco vai coglione, gool.

Le navi spaziali del futuro avranno il clacson, automobilisti del cosmotraffico incroceranno razze mai viste prima e si capiranno con un paio di colpi di clacson, i 'cinque toni' di Incontri Ravvicinati l'avevano vista giusta, erano cinque colpi di clacson presi da un camion, e già si capiva tutto.

Fratelli di traffico, colleghi dannati dello stesso girone, non dovete più pensare, giocate pure con le vostre narici e suonate, suonate, suonate.



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