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Onassis che la sapeva lunga

Vaghi ricordi di un tizio basso e bruttarello, abbronzato, sul ponte di uno yacht, un naso grosso dentro un paio di occhiali da sole. Offro io la cena, e chi sei Onassis? Quello lì. Archiviato nel cervello alla voce 'solito miliardario'. Poi stasera History Channel mi spara la sua biografia, e io me la sorbisco d'un fiato. Per farla breve il tappastro passa una prima giovinezza fancazzista a sguazzare nel porticciolo dell'isolotto greco mentre il padre si fa un culo a vendere tabacco a Smirne. Poi arrivano i turchi e come sempre quando arrivano 'sti cazzi di turchi è un macello. Morti di qua e morti di là. Invadono l'isola e fanno il cazzo che gli pare. Gli Onassis finiscono in gattabuia ed il giovane Aristotele per guadagnarsi la libertà pare si sia inchiappettato una guardia turca gay. Già da questo particolare comincio a sospettare una presenza anomala nelle mutande del giovane nasone.

Esce di galera e pensa: mo' come libero papà? Va' e chiede alle guardie se vogliono essere inchiappettate pure loro tutte in fila ma a quanto pare la trovata non funziona più, di ricchione c'era solo il secondino del padre. Allora Aris ha l'idea: va a casa, prende tutti i soldi guadagnati in una vita col negozio e li consegna alle guardie e queste con aria di sufficienza gli ammollano il tabaccaio. Il babbo esce e abbraccia il giovine, bravo Aris, ti sei inchiappettato tutte le guardie? No, gli ho dato l'intero malloppo che avevi nascosto in casa. Il tabaccaio s'incazza e lo gonfia dicendogli una serie di male parole in turco pur essendo greco. Il succo era: strunz, comunque mi liberavano un giorno o l'altro, cosa cazzo gli hai dato a fare tutti i soldi?
Il giovane Onassis capisce di avere un futuro nella finanza. Abboffato di mazzate come una zampogna, si imbarca e lascia l'isola, il padre dal molo agita le braccia e gli fa il segno del culo con le mani. Il giovane Onassis capisce che non è neanche il caso di tornare presto.

Se ne va in Argentina con 60 dollari in tasca. A Buenos Aires si impiega come operaio dei telefoni. E qui arriva la genialata, la solita cosa che ti fa incazzare nelle biografie di questi cazzi di self-made-man. L'assurdità. Come comincia la scalata alla ricchezza Onassis? Come fa? Ma è facilissimo: Il nasuto se ne sta tutto il giorno attaccato ai fili del telefono, scopre che collegando uno spinotto di qua e un auricolare di là può ascoltare le conversazioni. E così, ascolta oggi e ascolta domani, il tappo intercetta le telefonate dei grandi business men e si fa una cultura lampo sul mondo dei grandi soldi e delle opportunità. Da qui è tutto in discesa. Comincia a vendere sigarette, crea una marca, trova come testimonial internazionale una celebre attrice seducendola e trombandola all'istante. Poi si compra un mercantile, poi due, poi una flotta, così. Poi si sposa ultra quarantenne con la figlia minorenne di un altro fantastiliardario, tra un pasto e l'altro si ciula la Callas, poi ingroppa la vedova Kennedy passando per la sorella, ed una indefinita serie di attricette e femmine minori, anche contemporaneamente e senza mani. La biografia in tal senso lascia velatamente intendere che l'ometto oltre alla grana aveva una baionetta mica da poco tra quelle gambette greche.
La parte finale dell'esistenza è costellata da un po' di eventi jellati, i tipici epiloghi con lutti e carenze d'amore delle vite di questi super magnati, dazi tollerabili nel quadro di bilanci così sproporzionati. Quei periodi in cui vengono fuori le frasi per consolare gli sfigati: si ma i soldi non fanno la felicità. Che suonano come: i calvi sono più virili oppure la dimensione non conta, conta come lo usi.

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