Venerdi notte passavo davanti al Dall'Ara, lo stadio bolognese. Un mucchio di corpi accampati all'entrata, ragazzine dentro sacchi a pelo, utenti fissi di cannabis che sistemavano cartelli con scritte varie. Rallento, penso ad una protesta, il verde mi dice di andare, vado e dimentico.
Sabato pomeriggio. Sono imbottigliato in via Costa. Uno mi bussa sul vetro, vuole un passaggio allo stadio, sventola un biglietto e mi dice: te non vai da Vasco? Collego. Gli accampati di ieri, la notte sull'asfalto per il posto sotto il palco. Alzo il vetro e proseguo. Dove cazzo proseguo che sono in coda, proseguo a vivere diciamo.
Mi metto a pensare al fenomeno Vasco. Guardandolo mi chiedo perché lui si e Gigione no. Comunque, paragoni azzardati a parte, il mio cervello associa inevitabilmente da circa sette anni Vasco al mio padrone di casa, Duccio. Dice e perché? Perché sono due gocce d'acqua, gemelli monozigote e conterranei. Uno fa i milioni 'mbriaco a cantare Señorita metti una mano qua e vedrai che qualcosa succederà, (forse, aggiungo io), l'altro conta gli euro degli affitti che gli passo e colleziona ogni genere di nevrosi e me le racconta. Come la chiami? Ingiustizia.
Ingiustizia per me, mica per lui. Non potevano farla insieme 'sta carriera nel mondo del Rock? I gemelli Rossi, andiamo al massimo, vite spericolate, beviamo la cocacola che ci fa bene, ti prendiamo e ti portiamo via, Señorita metti una mano qua e l'altra là, etc.
Ok uno dei due non ha una gran voce, Vasco intendo, ma ci si organizzava, ci si divideva gli acuti oltre che i grappini e le cochecole. Uno cantava e l'altro saltellava.
Duccio tra le tante nevrosi ne ha una che quando me la racconta me la sento addosso. Gli prende un prurito dalle ginocchia in giù, di notte, che deve scendere dal letto e muovere le gambe per farselo passare. Un disturbo serio, roba di nervi e circolazione. Però quando me lo immagino, solo nel cuore della notte, in mutande, a ballare in silenzio il ballo irlandese della scopa nel corridoio di casa sua, con il riporto scompigliato e senza neanche un fan, un po' mi incazzo con le cose della vita.
Sabato pomeriggio. Sono imbottigliato in via Costa. Uno mi bussa sul vetro, vuole un passaggio allo stadio, sventola un biglietto e mi dice: te non vai da Vasco? Collego. Gli accampati di ieri, la notte sull'asfalto per il posto sotto il palco. Alzo il vetro e proseguo. Dove cazzo proseguo che sono in coda, proseguo a vivere diciamo.
Mi metto a pensare al fenomeno Vasco. Guardandolo mi chiedo perché lui si e Gigione no. Comunque, paragoni azzardati a parte, il mio cervello associa inevitabilmente da circa sette anni Vasco al mio padrone di casa, Duccio. Dice e perché? Perché sono due gocce d'acqua, gemelli monozigote e conterranei. Uno fa i milioni 'mbriaco a cantare Señorita metti una mano qua e vedrai che qualcosa succederà, (forse, aggiungo io), l'altro conta gli euro degli affitti che gli passo e colleziona ogni genere di nevrosi e me le racconta. Come la chiami? Ingiustizia.
Ingiustizia per me, mica per lui. Non potevano farla insieme 'sta carriera nel mondo del Rock? I gemelli Rossi, andiamo al massimo, vite spericolate, beviamo la cocacola che ci fa bene, ti prendiamo e ti portiamo via, Señorita metti una mano qua e l'altra là, etc.
Ok uno dei due non ha una gran voce, Vasco intendo, ma ci si organizzava, ci si divideva gli acuti oltre che i grappini e le cochecole. Uno cantava e l'altro saltellava.
Duccio tra le tante nevrosi ne ha una che quando me la racconta me la sento addosso. Gli prende un prurito dalle ginocchia in giù, di notte, che deve scendere dal letto e muovere le gambe per farselo passare. Un disturbo serio, roba di nervi e circolazione. Però quando me lo immagino, solo nel cuore della notte, in mutande, a ballare in silenzio il ballo irlandese della scopa nel corridoio di casa sua, con il riporto scompigliato e senza neanche un fan, un po' mi incazzo con le cose della vita.