In fila. La cassiera occhialuta cerca un codice a barre che proprio non si trova. Uno stronzo fa slalom e si mette davanti a uno che è davanti a me. Usa la tecnica del distratto che parla al telefonino. Ma smettila, avrai pure sessant'anni, siamo alla cassa dei 10 pezzi, ma vergognati. Lui evita di guardare dietro, sarebbe da toccargli la spalla e attaccare briga con probabile spargimento di sangue. Mi squilla il mio, lasciamo perdere, al telefono qualcuno mi informa che sono pure in ritardo, chiudo. Gli guardo il carrello, ha preso un salame di sottomarca, un paio di ciabatte, del vino che non lo beve manco chi lo fa e uno scopino del cesso, celeste. Pochi oggetti, sotto i 10 pezzi, fila giusta, posto sbagliato. Pochi oggetti che annunciano la sua drammatica serata: lui con vino e salame che lo intossicano, lui che corre in ciabatte fino al cesso dove una cacarella esplosiva lo salda alla tazza per due ore. Lui che si alza stremato e casca in terra non sorretto dalle gambe addormentate, lui che passa il resto della notte in ginocchio a scrostare il water con lo scopino celeste non più celeste. E la prossima volta che fotti il posto in fila almeno ci pensi.
Qualcuno lanci una raccolta firme per fermare la riproduzione di Totò, dei De Filippo e qualche volta di Troisi, sui cartoni delle pizze d'asporto. Ieri a protezione della mia margherita c'era un Totò con fazzoletto rosso al collo che infilava tranci di pizza nelle bocche aperte di Eduardo e Peppino.
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